Ultima puntata in vista del prossimo Palio di Asti.  Ora si fa sul serio!  Per tornare a casa soddisfatti la domenica sera si può solo vincere il Palio or die tryin’.  Ecco i Borghi, Rioni e Comuni che scenderanno in Piazza Alfieri con un unico, vero obiettivo: la vittoria.

 

 

7)       San Pietro

Fantino: Carlo Sanna detto “Brigante”

Stalla: Spartaco da Clodia

 

Il Borgo rossoverde, mattatore nei primi decenni dalla ripresa del Palio dopo la guerra, si è fermato al quarto successo ottenuto nel 1983, con Domenico Ginosa.  I primi due sigilli invece, arrivati a braccetto sul finire degli anni ’60 (1968 e 1969) portano la firma di due grandi interpreti del Palio di quegli anni: un emergente Andrea Degortes prima, e poi uno scafato mestierante come Tristezza, al secolo Saro Pecoraro.  Furono i soli “senesi” (di estrazione paliesca, visto che uno è sardo e l’altro siciliano) per molti anni, visto che nel 1971 una delibera rese il Palio di Asti un affare solo tra fantini locali. Il terzo successo invece porta la firma di Rinaldo Spiga detto “Spingarda”. E’ poi nuovamente Aceto, nel 1983, a suggellare il ritorno dei forestieri in Piazza Alfieri.  Tornando agli affari attuali del Borgo, c’è poco da festeggiare.  Negli ultimi 12 appuntamenti settembrini, solo tre volte si è raggiunta la finale.  Il Chiti nel 2006.  Il Siri nel 2012, autore però di una mossa farcita di ammonizioni e di una finale incolore.  Il Farris, e come poteva non riuscirci con quel perfetto concentrato di agilità, prontezza e velocità che era Sessoforte (un vero e proprio capolavoro del Calvaccio), nel 2014.  Per il resto hanno deluso un po’ tutti.  Gli ultimi in ordine di tempo sono stati Brigante, Tremendo e un Farris privato dei superpoteri (alias, di nuovo, Sessoforte).  Prima però avevano fatto un buco nell’acqua pure i quotatissimi Bucefalo (’09-’10) e Salasso (’07).

Il 2018 del Borgo sarà però ancora nel segno di Carlo Sanna, sul quale non è ricaduta la delusione dell’eliminazione dello scorso anno.  Anche se il sorpasso che subisce da Velluto rende la prestazione insufficiente per un combattente come lui.  In Provincia (come scritto in un pezzo del novembre scorso) deve ancora dimostrare tanto.  Per farlo devono esserci però anche Contrade disposte a puntare su di lui e, dopo il primo sigillo senese, questo sembra essere diventato più semplice.  La stagione di Brigante però non è iniziata nel migliore dei modi.  In poche settimane, a fine maggio, viene sopraffatto da un fenomenale Bruschelli e manca la finale in un Palio di Fucecchio che lo vedeva montare uno dei cavalli migliori in una Contrada affamata di vittorie.  Prima di rimanere escluso, in una batteria storta, pure dalla finale del Palio di Legnano.  L’andamento delle due carriere senesi, poi, non può che aver accresciuto la fame e la voglia di rivalsa del fantino sardo classe ’89, che resta uno dei migliori prospetti per prendere il posto dei big in un futuro neanche troppo lontano.  Asti è, insieme a Castel del Piano, una delle ultime occasioni per raddrizzare una stagione così così, che ha visto però comunque il fantino di Sindia protagonista in veste di allenatore. Ottime infatti le prestazioni di molti soggetti da lui preparati sia nelle corse in provincia che nei palii, con importanti vittorie ottenute al Palio di Fucecchio, alla Provaccia di Legnano e al Palio di Monticiano.

Prima di parlare di cavalli, crediamo urga una precisazione.  Al momento di stilare questa griglia di partenza, i soggetti accreditati per correre il Palio per San Pietro erano Quan King e Quarzo Blu.  Entrambi in evidenza, con degli ottimi spunti, nelle corse di addestramento di giugno.  Soprattutto Quan King, però, vincitore dell’ultimo Palio di Fucecchio e del Palio di Casole d’Elsa nel 2017, ci aveva fatto propendere per inserire di diritto il Borgo rossoverde tra le accoppiate più accreditate, se non alla vittoria, all’ingresso in finale.  Dev’essere però successo qualcosa nel frattempo che ha totalmente scombinato i piani di San Pietro e in parte le nostre previsioni.  La scelta di aggiungere alla stalla un elemento come Spartaco da Clodia era parsa molto saggia e segnale di un San Pietro agguerrito, che puntava a mettere seriamente in competizione Quan King con un cavallo di primo livello, tutelandosi da eventuali bizze della sorte.  L’annuncio di pochi giorni fa, dell’assenza del grigio di Carlo Sanna, in favore di Turok (visto a giugno in mano ad Andrea Farris) ha destato qualche perplessità.  Intanto, in seguito alle previsite, il Borgo si trova senza una riserva, vista l’esclusione proprio di Turok, e senza quell’elemento che sulla carta ci faceva salire l’acquolina in bocca.  Spartaco resta, al netto di qualunque considerazione fatta in precedenza, un soggetto interessante.  Il fatto che sia allenato da Adrian Topalli poi, dovrebbe essere garanzia di affidabilità e performance elevate.  Quest’anno ha già corso a Ferrara (dove era presente anche nel 2017) e Castiglion Fiorentino, sempre montato da Topalli, ben figurando poi anche nei due appuntamenti di Marzo a Pian delle Fornaci, che l’han visto ottenere un 3° ed un 1° posto.

 

 

6)       Cattedrale

Fantino: Dino Pes detto “Velluto”

Stalla: Ribelle da Clodia, Robolt

 

È il 18 settembre 2016.  Il Rione biancoblu sta veleggiando verso la conquista del suo secondo Palio.  Con un’interpretazione della mossa magistrale, pochi istanti prima, Dino Pes aveva annullato già nei primi metri lo svantaggio derivante da una posizione alta e alla prima curva aveva già messo il suo grigio davanti a tutti.  Pennella traiettorie per altri due, interminabili giri.  Alle spalle, sempre sotto controllo, San Lazzaro e Nizza Monferrato.  Poi all’ultima curva del Cavallone qualcosa va storto.  Velluto si scompone, il suo grigio perde ritmo e alza la traiettoria di quel tanto che basta per essere tamponato dal cavallo di Don Bosco, che con Gianluca Fais stava risalendo di prepotenza dalle retrovie.  Se già la prima sbavatura avrebbe potuto essere letale, il contatto mette definitivamente il Rione Cattedrale fuori gioco, strozzando in gola un urlo che il popolo biancoblu attendeva da quasi 40 anni.  A nulla sono serviti, negli anni, gli ingaggi di nomi di spicco del panorama senese (come Bastiano, Il Pesse, o il per citarne alcuni), di veri e propri animali da Provincia (come Bighino, Clemente e Gingillo), o di comprovati esperti di Piazza Alfieri (come il plurivittorioso Batticuore).  L’epilogo, più o meno tragico, paliescamente parlando, del 2017, è stato sempre lo stesso.  Da quel 1977 che ha visto il Rione trionfare, nel periodo dei fantini astigiani, per la prima, e unica volta con Mario Grattarola.

Per il terzo anno consecutivo, la caccia al Palio dei biancoblu ripartirà da Velluto.  L’esperto fantino classe ’80 sembrava destinato a una stagione (quasi) sabbatica dopo il serio infortunio riportato durante le sfortunate corse di addestramento legnanesi.  Invece, uscito come rinvigorito dall’incidente, Dino ha saltato Fucecchio (forse per precauzione) ma poi è stato in grado di fornire una prestazione maiuscola a Legnano e di andare a vincere nel combattuto ed estenuante Palio di Castiglion Fiorentino.  Nel primo caso ha interpretato al meglio un purosangue esordiente, nel secondo è stato invece bravo a sfruttare il soggetto di punta del lotto, quel Qui Pro Quo che da tre anni monopolizza la corsa aretina.  Dopo l’esperienza con il grigio, cavallo esperto ed affidabile, anche se poco fortunato, lo scorso anno si è trovato a gestire una cavalla, Briccona da Clodia, di sicuro potenziale (sarà forse la prima scelta di San Damiano) ma ancora inesperta.  Alla fine qualcosa ha pagato, ma l’obiettivo minimo è comunque stato in grado di raggiungerlo senza eccessivi patemi.  Non sarà quindi un problema per Dino, che in Piazza Alfieri raggiunge la finale da cinque partecipazioni consecutive (‘12 per San Lazzaro, ’14-’15 per San Secondo, ’16-17’ proprio per Cattedrale), scegliere il soggetto migliore per affrontare il Palio che verrà.

I cavalli, appunto.  Dino andrà a scegliere tra Ribelle da Clodia, vincitrice lo scorso anno a Pian di Scò con Gavino Sanna, e Robolt, cavallo di 8 anni che finora si è distinto più in ippodromo che nei Palii.  Robolt è sicuramente interessante, potente, come dimostrato nelle sue apparizioni stagionali a Pian delle Fornaci e allo Stadio Censin Bosia.  Resta però un soggetto meno esperto del compagno di stalla, pure lui di estrazione regolarista.  Ribelle infatti, oltre a un ruolino di marcia invidiabile in ippodromo (in 23 apparizioni, 13 vittorie e 7 piazzati), ha appena corso il Palio di Piancastagnaio, proprio con Velluto.  Una prova che, rispetto agli addestramenti, fornisce elementi più concreti per valutarne la qualità.  A Piancastagnaio, Ribelle migliora le prime impressioni stagionali avute a Buti (fuori in batteria, montato da Alessandro Fiori) ma, a causa di qualche piccola imprecisione, sembra ancora un passo ( o forse solo mezzo?) indietro al gotha dei mezzosangue.  Esce ultimo alla mossa, ma al termine del primo rettilineo è già davanti a tutti.  Soffre un po’ la bagarre con una vecchia volpe come Bighino che, come in un Palio di Legnano di tanti anni fa, lascia da parte i sogni di vittoria e si concentra unicamente sul far perdere la nemica, nonostante monti un cavallo di prima fascia come Bonantonio.  Anche da questo dettaglio si può intuire quanta potenzialità ci sia in questo cavallo di 5 anni che, spossato dal corpo a corpo con la rivale, fa vedere di aver nel motore un buonissimo quarto giro.  Aspetto da non sottovalutare nei Palii impostati su batteria e finale.  Un peccato per Dino e Castello, che forse avrebbero potuto giocarsela fino in fondo con l’accoppiata vincente, Gingillo e Uron.  Ecco perché, nonostante un briciolo di inesperienza, mettiamo l’accoppiata biancoblu così in alto.  Merito di un Velluto in grande spolvero, certo, ma anche di un cavallo da cui ci si aspetta molto.

 

 

5)       San Lazzaro

Fantino: Giuseppe Zedde detto “Gingillo”

Stalla: Uron, Resta

 

Il Borgo gialloverde è il Comitato più titolato del moderno Palio di Asti.  Sei successi, di cui l’ultimo appena un anno fa, ne fanno sempre un avversario temibile e un potenziale contender.  Nel 2017 nemmeno il repentino passaggio ai mezzosangue ha scalfito la dirigenza capace di bloccare uno dei migliori soggetti sulla Piazza, divenuto inarrestabile nelle mani di Gingillo e in un lotto di cavalli buono, ma non al livello di quello che si avrà tra pochi giorni in Piazza Alfieri.  Un ottimo rapporto, quello tra San Lazzaro e Gingillo, iniziato nel 2005 e culminato con la vittoria del 2008, la quinta del Borgo.  Poi un periodo di lontananza, scontato nel Palio, in cui lo Zedde cerca gloria altrove (la troverà nuovamente nel 2013 per Torretta).  I gialloverdi però non sembrano trovare lo stesso feeling con altri fantini.  Ne cambiano uno all’anno nei successivi 5 Palii e poi, come in una storia a lieto fine, riabbracciano Giuseppe Zedde e torna la stabilità.  Un nuovo percorso di 4 anni, che porterà ad un’altra, l’ennesima, vittoria.

Giuseppe Zedde è partito presto.  Tanti successi già in giovanissima età, anche in Piazze che lo vedevano scendere in campo per la prima volta.  Un punto di riferimento pure sul tufo senese.  Lì però, come già detto altre volte, qualcosa ad un certo punto si rompe e Gingillo scivola pian piano fuori dal ristretto giro dei fantini di riferimento.  Che poi non è una questione di volontà, e tantomeno di qualità.  Quando non puoi ambire ai cavalli migliori, non vai davvero da nessuna parte.  Lui allora si concentra ferocemente sulla Provincia, dove coglie un discreto numero di successi e si conferma, qui sì, uno degli elementi (se non il primo) di punta.  Una carriera, e per certi versi anche uno stile, che iniziavano ad associarlo a Bucefalo: sfortunato in Piazza del Campo, ma implacabile fuori.  Adesso però è tornato, di prepotenza, a vincere anche a Siena raggiungendo, per numero di successi senesi, un altro fantino di alto profilo come Massimo Coghe.  Con Massimino condivide il passato vittorioso a San Lazzaro, e se vuole raggiungerlo anche qui serve un altro successo, che sarebbe il terzo in gialloverde e il quinto complessivo.  Impresa difficile, vista la concorrenza, ma a Piancastagnaio Gingillo ha già dimostrato di avere ancora tanta fame.

Entriamo adesso nel tema cavalli.  Uno spazio che, quando si parla di Gingillo, potrebbe pure essere lasciato vuoto tanta è la fiducia nelle capacità del fantino senese di scegliere il cavallo giusto.  Il soggetto di riferimento sarà Uron, che ha impressionato durante l’avvicinamento al Palio (due successi negli addestramenti astigiani) e che ha da poco vinto a Piancastagnaio.  Quello pianese però è stato un Palio particolare, con Bonantonio da Clodia e Ribelle da Clodia che si ostacolano tra loro favorendo proprio il ritorno di Uron.  Il cavallo ha sicuramente delle potenzialità e, come detto, in mano a Gingillo fa molta paura, però le sue quotazioni non possono salire ulteriormente basandosi solo su questo successo.  Nel passato le vittorie dello Zedde sono arrivate con soggetti poi diventati parte della storia del Palio in generale (Ergo Song, Domizia, e Il Conte e La Violina).  Ecco perché le aspettative su Uron sono alte.  Il secondo cavallo sembrava poter essere Serafinu, autore di una bella rimonta nelle corse di giugno al Censin Bosia che gli aveva permesso di arrivare a ridosso di Bonantonio e Ultimo Baio.  Alla fine invece rimane fuori dai giochi proprio lui, a favore di Resta.  La riserva scelta da San Lazzaro ha sicuramente più appeal, vista la buona prova sulla spiaggia di San Vincenzo, dove si era conquistato l’accesso alla finale.  Forse però le difficoltà mostrate tra i canapi nel corso del Palio di Fucecchio, che ne hanno determinato l’esclusione dalla corsa (per enorme dispiacere di Adrian Topalli e della Torre), potrebbero essere un problema nel caso in cui si dovesse, malauguratamente, rendere necessario il suo utilizzo.

 

 

4)       San Martino – San Rocco

Fantino: Francesco Caria detto “Tremendo”

Stalla: Preziosa Penelope, Unadea

 

Iniziamo ad avvicinarci alle posizioni calde della griglia.  È il turno del Rione San Martino – San Rocco, unico lo scorso anno ad impensierire (forse mai realmente) la prima posizione di San Lazzaro.  Ai biancoverdi, entrati in una piccola parte della storia della kermesse astigiana per aver permesso ad una leggenda come Bucefalo di conquistarsi il suo 8° – ripetiamo, 8° – Palio di Asti nel 2012, alla tenera età di 54 anni, è sembrato quindi naturale confermare l’accoppiata dello scorso anno.  Tremendo e Preziosa Penelope, oltre all’ottima corsa, hanno riportato il Rione in finale dopo i quattro anni di magra che hanno fatto seguito all’ultima vittoria, la terza.  I primi due successi biancoverdi risalgono invece al biennio 1984-85, e portano la firma di due nomi importanti del panorama paliesco italiano: Aceto e Truciolo.  Riuscirà il Caria a trovare posto nel palmarès biancoverde al fianco di nomi tanto importanti?

Una risposta difficile da dare.  Tremendo, cresciuto paliescamente alla scuola di Trecciolino, si è giocato le migliori carte per vincere sul tufo senese fintanto che il suo mentore rappresentava lo zenit e il nadir di Piazza del Campo.  Come detto nel primo articolo di questa serie in riferimento ad Alessio Migheli, crediamo che anche il Caria abbia avuto un suo personale turning point sotto la Torre del Mangia.  È il Palio dell’agosto 2014, vinto poi dal Mari per la Civetta.  Tremendo è nell’Aquila, e per quasi tre giri mantiene il comando delle operazioni, con un cavallo che dimostra di avere passo ma che fatica molto a prendere le migliori traiettorie al Casato.  Ed è lì, che dopo alcune sbavature, tamponate prontamente dal Caria, lo attacca con successo Brio.  Poteva essere il suo primo successo senese, e forse gli avrebbe garantito perlomeno un’opzione sui soggetti più interessanti negli anni successivi.  Così non è stato.  Tremendo ha saltato qualche carriera a Siena, ma quest’anno è tornato prepotentemente, montando nella Giraffa uno dei tre cavalli da lui preparati e scelti dai Capitani alla Tratta di agosto.  Un grande spunto al via gli ha permesso di presentarsi primo a San Martino, poi una traiettoria così e così (forse da imputare anche all’inesperienza di Queen Winner) spalanca le porte al grande Palio di Gingillo.  L’ultimo anno però ha riportato Tremendo in alto nel gradimento delle dirigenze, quantomeno in Provincia.  La vittoria di Piancastagnaio del 2017 gli ha dato la spinta necessaria per presentarsi da favorito (con Preziosa Penelope) in Piazza Ariostea, dove è andato a prendersi il suo secondo Palio di Ferrara.  Bruttina invece l’ultima apparizione in ordine di tempo, a Piancastagnaio, pochi giorni fa.  Questo però non cancella il buon percorso fatto finora da Francesco e le aspettative, nostre in primis, su di lui per questo Palio.

Su Preziosa Penelope crediamo rimanga poco da dire.  È entrata nella storia, insieme alla Lupa e al Bartoletti, per il cappotto senese del 2016.  In Piazza del Campo ha dimostrato ampiamente la sua superiorità, tanto che da allora è sempre stata, accuratamente, tenuta fuori dai giochi.  Scelte che possono far storcere il naso, ma sono parte integrante delle strategie paliesche.  Con l’apertura della maggior parte dei Palii ai mezzosangue, e l’esclusione senese, ecco la decisione di partire alla conquista della Provincia.  Percorso iniziato con il secondo posto ad Asti l’anno passato, che ha iniziato a concretizzarsi con la vittoria dell’ultimo Palio di Ferrara.  Nella città estense ha messo in fila cavalli quotati, molti dei quali saranno presenti, come elementi di punta delle proprie stalle, all’inizio di settembre in Piazza Alfieri.  Bomario da Clodia, Tiepolo, Spartaco e Briccona da Clodia.  Questi alcuni dei soggetti, a cui aggiungere Bonantonio, sconfitti da questa fantastica cavallina.  Domenica sarà diverso, ci sarà il doppio impegno (batteria e finale) e delle mosse storicamente complesse.  Però come non pensare che possa essere lì, tra i primi, a giocarsela fino all’ultimo?  A sorpresa, ma forse neanche troppa, la riserva sarà UnadeaQueen Winner e Rodrigo Baio hanno preso parte all’ultimo Palio senese, dimostrando di avere però ancora qualche automatismo da perfezionare.  Ubert Spy invece ha deluso molto sulla pista di Piancastagnaio, e forse anche per questo è uscito dalle rotazioni.  Una stalla che pareva spaziale prima di agosto, che esce un po’ ridimensionata nel brevissimo periodo, ma che ha in Preziosa Penelope un elemento per infiammare il cuore dei rionali.

 

 

3)       Don Bosco

Fantino: Giovanni Atzeni detto “Tittìa”

Stalla: Umatilla, Vittorino

 

Il Borgo Don Bosco ha festeggiato una prima volta, subito alla ripresa delle ostilità.  Fu suo, e di Viatosto con cui allora partecipava congiuntamente, il primo Palio dell’epoca moderna, nel 1967.  I due Borghi, insieme, hanno caratterizzato quel primo decennio abbondante di Palio, contendendo a San Pietro il primato di Comitato più vincente.  A quel primo successo fecero seguito altre due vittorie: con Giovanni Manca, nel 1971, e con Mariano Zedda nel 1980.  Il primo successo in solitaria, il quarto del palmarès, arriva solo nel 1996, grazie (manco a dirlo) a Maurizio Farnetani, che caratterizzò un lustro di storia gialloblu tra il ’93 e il ’97.  La storia del Borgo è stata caratterizzata da lunghi sodalizi.  Dopo Bucefalo fu il turno di Massimo Columbu impostare un lavoro a lungo termine con i gialloblu, poi del Donatini (capace di centrare tre finali consecutive tra il 2006 e il 2008) e, dopo un periodo di cambiamenti, di Gianluca Fais (due finali in quattro tentativi).  Tutti nomi conosciuti, con alle spalle storie importanti, sia come fantini di piazza sia come allenatori.  Con l’ingaggio dell’Atzeni, campione uscente dopo il successo per Nizza, per il Palio 2017, si è cambiato registro.  Senza nulla togliere agli altri appena citati – Bucefalo escluso – Tittìa alza l’asticella.  Una monta che aumenta il prestigio del Borgo, caricando allo stesso tempo la dirigenza di grandi aspettative.  Si riparte da un quarto posto, con l’ambizione però di fare meglio.  Molto meglio.

L’ingaggio di Giovanni Atzeni non può che alimentare le speranze dei borghigiani di rivedere un Palio che manca da 22 anni.  Un progetto che, se fosse (e se riuscisse ad essere) effettivamente a lungo termine, dovrebbe portare la sperata soddisfazione ai gialloblu.  Tittìa infatti ha finora sempre dimostrato, nei Palii a ingaggio, di essere in grado di soddisfare anche le platee più esigenti.  In alcuni casi sono serviti alcuni anni, in altri è accaduto subito.  Ma se il progetto è concreto (anche in termini economici), Giovanni arriva all’obiettivo.  Le premesse di questa stagione, per il sardo-tedesco, sono però negative.  Soprattutto nella sua gestione a piedi.  Stando ai rumors, sia Fucecchio sia Legnano hanno preso una piega non gradita all’Atzeni.  Colpa del Bruschelli in Buca, di un po’ di tutto in Lombardia.  Neppure i Palii senesi sono stati di conforto, e forse anche qualcosa nella supposta egemonica dei big si è rotto.  Sicuramente l’andamento dell’annata ne ha aumentato la fame e la voglia (necessità?) di vittoria in Piazza Alfieri.  Un bene, se così fosse, per il Rettore Marco Scassa, che vedrebbe concretizzarsi il suo progetto in sole due stagioni.

Arriviamo al cavallo, argomento in parte controverso.  Tittìa ha costruito la sua Provincia degli ultimi anni su un interessante purosangue, capace di vincere ad Asti nel 2016 e confermarsi a Legnano l’anno seguente.  La nostra umile impressione, da non addetti ai lavori, è che nonostante tutto fosse un soggetto “da batteria”.  Una sentenza se si cerca l’accesso in finale, ma necessità di un po’ di lavoro dietro le quinte se l’obiettivo diventa più ambizioso.  Questa premessa per dire che anche Umatilla, con cui Tittìa ha disputato la sua ultima carriera in Piazza Alfieri, sembrava poter essere della stessa tipologia.  Vero che un anno fa era ancora acerba, al netto del potenziale che tutti le riconoscono, e che l’Atzeni avrebbe (così riportano siti più autorevoli) voluto correre con Pressing de Mores (che aveva vinto pochi mesi prima a Ferrara), ma la prestazione in finale non ha saputo replicare le premesse mostrate in batteria.  A Buti infatti si è conquistata la finale, montata da Cristiano Di Stasio, ma poi ha dovuto cedere il passo a Bomario da Clodia, che però aveva nelle gambe una batteria in più.  Importanti progressi, tali da rendere l’accoppiata di Don Bosco una delle più accreditate (sempre sulla carta) al successo, sono arrivati a San Vincenzo.  Una corsa che, al netto dell’asola, si gioca praticamente tutta sul galoppo rettilineo.  Ma se i dubbi derivavano dalla tenuta sul doppio impegno, più che sulla sua capacità di girare nel triangolo astigiano, la distanza che mette tra lui e il secondo dovrebbero rassicurare dirigenza e borghigiani.  La seconda scelta è Vittorino, che però è molto giovane (solo 4 anni) e non sembra poter mettere in dubbio le gerarchie interne.

 

 

2)       Torretta

Fantino: Valter Pusceddu detto “Bighino”

Stalla: Tiepolo, Uragano Rosso

 

Il primo Palio del Borgo bianco-rosso-blu è arrivato nel 1976, in pieno “proibizionismo” senese ed isolano, grazie a Mario Beccaris, al termine di un Palio unico e rocambolesco.  Come per San Lazzaro, gli ultimi successi di Torretta portano la firma di Gingillo.  Lo scorso anno il Borgo è tornato in finale, grazie a Valter Pusceddu e Tiepolo, che dovrebbero rappresentare l’accoppiata bianco-rosso-blu anche quest’anno.  In precedenza, dopo il vittorioso Palio 2013, con un cavallo dimostratosi superiore a tutti pure l’anno seguente in quel di Legnano, la finale era sfuggita per ben tre volte consecutive.  Aveva fallito Girolamo, poi un redivivo Massimino, che nel 2015 aveva ancora voglia di annusare l’aria di Palio, e infine lo stesso Bighino aveva visto sfumare l’obiettivo minimo, annullato dal buon lavoro difensivo del Murtas.  Il risultato dello scorso anno però non poteva che spingere il Borgo ha continuare su questa strada, provando a migliorare un già ottimo terzo posto.

Ed eccoci a Valter Pusceddu.  Qualcuno, parlando di lui un venerdì di maggio, lo ha definito “un indiano”, per la sua capacità di stare a cavallo.  Qualità che lo ha fatto diventare uno dei fantini più ambiti in Provincia, dove non vedono in lui solo un abile killer ma soprattutto un nome a cui affidarsi per vincere.  Emblematici gli otto successi di Castiglion Fiorentino (tutti per il Rione Cassero), i 3 di Bientina e i 2 di Legnano.  Dati importanti, seppur non esaurienti.  Bighino aveva la stoffa per imporsi anche sul tufo senese, ma così non è stato.  Scelte.  Degli altri, forse però anche un po’ sue.  Arriva da una stagione di alti e bassi, impreziosita dal successo a Fucecchio, Palio sempre molto difficile.  In Buca, a maggio, Valter ha sfruttato appieno le qualità di Quan King e, approfittando della bagarre tra le nemiche, è riuscito ad involarsi con apparente comodità verso il suo secondo successo fucecchiese.  Non può invece ritenersi soddisfatto dell’esito del Palio di Castiglion Fiorentino, corso ancora una volta per il Cassero, dove Porta Fiorentina è riuscita a vincere nonostante al canapo avesse contro entrambe le altre Contrade.  E ancor meno di quello di Bientina, sfuggitogli quando ormai sembrava poterlo stringere tra le mani.  Stagione passata, infine, anche da Piancastagnaio.  Qui Valter, che montava il cavallo vincitore della passata edizione, si è preoccupato più di far perdere la rivale che di vincerlo lui, il Palio.  Un episodio che ricorda molto il Palio di Legnano 2004, corso ne La Flora, quando scelse di ostacolare un quotato Massimino piuttosto che provare a vincere un Palio assolutamente alla portata.  Questione di scelte, che in alcuni casi, forse, qualcuno avrebbe potuto fare meglio.  Senza eventuali distrazioni, o ordini di scuderia troppo vincolanti, Valter resta uno dei profili più quotati per vincere il Palio.

Abbiamo già accennato a Tiepolo, cavallo capace di vincere un bellissimo Palio di Fucecchio nel 2017 per Sant’Andrea, portando alla ribalta il nome, fin lì passato inosservato, di Gavino Sanna.  Una corsa imperiosa, in rimonta, nella quale scarica sulla sabbia della Buca tutta la sua potenza e apparente superiorità sui rivali.  Allo scendere del canapo Gavino, forse ancora inesperto, esce solamente sesto.  Sfila immediatamente un poco convinto Simone Mereu, e poi passa in rapida successione, dando l’impressione di andare a velocità doppia rispetto agli altri, Ferruzza, Massarella e Samo.  Al termine del primo giro è secondo ed ha nel mirino la Torre.  Red Riu non è un avversario comodo, il Topalli prova ad opporre quel minimo di resistenza che gli altri nemmeno sono riusciti ad abbozzare, ma Tiepolo non si ferma più.  Nonostante abbia speso tanto, prosegue il suo galoppo imperioso facendo il vuoto dietro di sé.  Un soggetto entusiasmante, che l’anno scorso anche in Piazza Alfieri ha saputo dare prova delle sue qualità, chiudendo al terzo posto.  Quest’anno si è visto a Ferrara, montato da Simone Mereu, ma è proprio ad Asti che ci aspettiamo la sua definitiva consacrazione.  La riserva, nonostante un nome come Bonantonio in stalla, sarà Uragano Rosso.  Qualche sorpresa, ma forse non troppe visto il recente impegno del vecchio Bonantonio sull’impegnativo fondo di Piancastagnaio.  Avere come back-up il grigio, vincitore lo scorso anno di Buti e Piancastagnaio, rendeva la stalla del Borgo Torretta quella di maggiore qualità (in finale ad Asti nel 2017) ma sicuramente un altro grigio, Uragano Rosso, saprà essere altrettanto pronto in caso di (si spera di no) necessità.

 

 

1)       San Secondo

Fantino: Andrea Mari detto “Brio”

Stalla: Bomario da Clodia, Raol

 

Eccoci finalmente alla Rione in pole position in questa nostra, personalissima griglia di partenza virtuale.  I biancorossi lo scorso anno avevano messo in cantiere un’accoppiata molto particolare, associando all’esperto ed affidabile Bonantonio da Clodia un giovane (nonostante sia nel giro dal 2014) fantino in rampa di lancio.  Bellocchio infatti, tolto il precoce esordio a Siena, sta faticando a ritagliarsi il proprio, personale angolo di cielo e, perlomeno in ambito paliesco, vive ancora all’ombra del padre.  Poteva essere, il Palio scorso, l’occasione più importante per il senese di mettersi in mostra in uno dei principali appuntamenti della Provincia, dopo aver raccolto comunque i suoi primi successi in Palii meno conosciuti.  Invece l’infortunio a Castel del Piano lo ha tenuto fuori dai giochi, costringendo il Rione a ripiegare (ma si può davvero usare questo verbo quando si parla di un fantino che ha vinto 3 Palii di Siena) su Salasso.  Una finale raggiunta ma praticamente non corsa, visto che l’impatto sul posteriore di Don Bosco, al primo cavallone, la estromette subito dai giochi.  Dopo aver raggiungo l’ultimo successo nel 2007 con un giovane, ma già chiacchierato Giovanni Atzeni, ci sono stati gli anni di Voglia e Velluto a caratterizzare l’inizio della seconda decade del millennio, impreziosita da tante finali.  Quest’anno però sembrano puntare ancora più in alto, visto la presenza in stalla di Bomario da Clodia e l’ingaggio di Andrea Mari.

Ecco, Andrea Mari.  Lui, insieme alle indubbie qualità del soggetto di punta del Rione, è il motivo delle tante aspettative che noi (ma forse non solo) si sono addensate sui biancorossi come una nuvola carica di pioggia.  Se il fortunale dovesse abbattersi su questo Palio di Asti, potrebbe solo essere il compimento di un destino già scritto e piegato alla volontà umana.  Se così non fosse, la delusione dei rionali non sarebbe seconda a nessuno.  Fa parte del gioco quando ti presenti con il meglio.  E Brio lo è, sia a cavallo sia a piedi.  O almeno si può dire, senza timore di smentite, che fa parte di quell’Olimpo di fantini considerati tali.  Resta da capire come possa incidere il suo legame formale con il Bruco, che a Siena non gli ha comunque impedito di cogliere un successo a luglio.  A Legnano però, dopo una corsa opaca e l’atteggiamento passivo con cui ha fronteggiato una rivale temibile e agguerrita, qualche dubbio sui suoi obiettivi è stato sollevato.  La possibilità che seguisse ordini di scuderia locali resta sempre aperta, a quel punto però ci si dovrebbe porre interrogativi di altro genere.  Se nel suo personale scacchiere strategico una vittoria in Piazza Alfieri fosse conveniente, è davvero difficile che qualcuno possa mettergli la testa davanti.  Poi si tratta comunque di Palio, e potrà succedere di tutto.

Ora il cavallo.  Bomario da Clodia dovrebbe essere l’oggetto del desiderio di qualunque Borgo, Rione o Comune.  Un cavallo che oggi abbina perfettamente esperienza, potenza e tenuta anche sul doppio (pure triplo) impegno.  Lo scorso anno ha ucciso la corsa, mettendo in fila tutti dall’inizio della batteria agli ultimi metri della finale.  A gennaio si è ripetuto in quel di Buti, dove dopo una sbavatura nella seconda batteria, punto nell’orgoglio, ha fatto vedere al mondo tutta la sua classe, andando a vincere la batteria di recupero e la finale.  Mai nessuno era riuscito a trionfare dopo aver disputato tre corse, una di fila all’altra.  La sua qualità non è però cosa nuova, visto che nel 2014 aveva già stregato gli addetti ai lavori, portando Querciola e un outsider come Simone Mereu a spaccare il Palio di Fucecchio, in barba ai tanti big scesi in Buca.  Non contento, l’anno successivo aveva aiutato Alessio Migheli a vincere il suo secondo Palio di Ferrara, per San Giacomo.  Qualche confronto diretto però anche lui l’ha perso.  Lo scorso anno a Piancastagnaio arrivò dietro a Bonantonio, mentre a maggio è stata Preziosa Penelope ad arrivargli davanti al bandierino.  Però, in Piazza Alfieri a nostro parere resta sulla carta il migliore del lotto.  Anche Raol, che sarà la seconda opzione del Rione in caso di imprevisti, ha fatto di avere un bel galoppo e delle potenzialità interessanti nelle corse di addestramento di luglio, montato da Mula.  Riserva di lusso, ma per ora non sembra essere al livello del collega più quotato.  Se dovesse concretizzarsi la doppietta per Bomario, si andrebbe a riproporre un evento che non accadeva dal biennio 2003-2004, quando fu Ergo Song a dettare legge ad Asti, prima Santa Caterina e poi per Torretta.