Straordinario.  Questo l’aggettivo più adatto a riassumere l’anno paliesco appena concluso.  Un anno che non può – ma nemmeno vuole – prescindere dalla disputa della terza carriera stagionale in Piazza del Campo.  Un Palio straordinario già nel nome, passato alla storia ancor prima d’esser corso per l’eccezionalità di cadere in pieno ottobre, ma che Straordinario (con la S maiuscola!) lo è diventato per lo sviluppo e l’epico epilogo della corsa.  Insieme al trionfo di Remorex scosso, la rivincita di Andrea Coghe, lasciato per tanti anni ai margini ed ora improvvisamente capace di assaporare la gioia del primo successo senese.  Quello della Piazza è un verdetto che, per quanto rocambolesco e inusuale, conferma un trend che ha attraversato tutta l’annata. Vediamo di ripercorrerla insieme, attraverso alcuni dei nomi che, più di altri, hanno contribuito a renderla così speciale.

Andrea Coghe

Più di un anno fa, a pochi giorni dall’epilogo del Palio di Legnano 2017, nell’analizzare le dinamiche che avevano portato all’ennesima dimostrazione della supremazia dei big in terra lombarda (ma non solo a quelle latitudini) il quadro dipinto vedeva rapporti di forza piuttosto definiti e difficili da scalfire.   Oggi, a distanza di poco più di un anno, gli equilibri potrebbero essersi già modificati.  Solo Andrea Mari infatti ha tenuto alta la reputazione dei big, disegnandosi a luglio un Palio tanto perfetto da farlo apparire persino semplice agli occhi di uno spettatore distratto.  Nell’ultimo anno Siena ha infatti riscoperto le potenzialità degli outsider, e non è detto che le dirigenze non inizino ad affidar loro i cavalli più interessanti del lotto con sempre maggior frequenza. Fra questi l’ultimo exploit in ordine di tempo, ed anche il più sorprendente, è stato sicuramente quello di Andrea Coghe. Tempesta, dopo due Palii in chiaroscuro corsi entrambi nella Selva nel 2017, sperava quest’anno di avere nuovamente la possibilità di montare in piazza. Speranza rimasta però vana in entrambe le carriere estive, straordinariamente non in quella autunnale. Il suo approdo alla contrada di Castelvecchio è stato infatti tutt’altro che banale. Nel primo valzer delle monte sembrava la Tartuca volesse affidarsi ad una vecchia conoscenza, puntando sul ritorno di Trecciolino. Voci di piazza però davano, già in occasione della prima prova, il tutto ancora molto in forse e la monta del giovane Alessio Giannetti lasciava più di un dubbio, sia in un senso che nell’altro. Dubbi fugati immediatamente il mattino seguente con l’uscita dall’Entrone del figlio di Massimino II con indosso la giubba giallo-turchino. L’avvicinamento al Palio del Coghe è stato tra i più sottotraccia. Considerato forse poco più che una pedina in un disegno più grande, Tempesta si è presentato al canapo consapevole di giocarsi molto del suo futuro in piazza. Alla mossa mantiene una notevole tranquillità forse preoccupandosi un po’ poco della rivale al primo posto che difatti parte molto bene e prende subito la testa. Andrea però non è da meno e partendo fiancato riesce ad accentrarsi velocemente prendendo la corda e rimanendo aggrappato al gruppetto di testa. Il suo secondo San Martino è la chiave di volta del suo palio, allarga bene per impostare l’ingresso e complice il “dritto” della Civetta e delle contrade che seguono riesce ad inserirsi alla perfezione e prendere la testa. La pecca però arriva subito dopo, quando stringe troppo la traiettoria al Casato toccando quanto basta il colonnino per sbilanciarsi e cadere rovinosamente insieme a molti altri colleghi e allo sfortunato Raol. Remorex però non si lascia distrarre e prosegue la sua corsa “sospinto” da un asciugamano giallo prontamente agitato dal suo barbaresco per incitarlo a continuare, il sopraggiungere di Terribile da Clodia anch’esso scosso della Chiocciola e di Giovanni Atzeni, praticamente unico fantino rimasto a cavallo, fanno il resto spingendo il sauro verso un incredibile primo successo. In molti hanno definito questa vittoria di Andrea una “mezza vittoria” o un banale colpo di fortuna senza particolari meriti per il fantino, la realtà rimane comunque che un cavallo scosso ha decisamente più probabilità di vincere se al momento della caduta del fantino si trova davanti ed è questo che più di ogni altra cosa Tempesta rinfaccia alle critiche, il merito di averlo portato lui lì davanti; e a voler essere pignoli non gli si può proprio dare del tutto torto.

Genarmoly

Come detto in apertura, la straordinarietà dell’annata può essere esportata al di fuori dei confini senesi.  A partire da Fucecchio dove, ricalcando una delle più classiche trame da commedia americana, i big si sono risvegliati per un weekend nel corpo dei loro più agguerriti avversari sul campo: i killer.  Dimostrando però di trovarsi a proprio agio anche in questi panni.  In buca alla fine trionfa Bighino, tipicamente dall’altra parte della barricata sul tufo senese.  Anche altri Palii importanti hanno visto sovvertite le proprie gerarchie interne, con i fantini meno attesi alla vigilia capaci di prendersi la ribalta a discapito dei colleghi più quotati.  È il caso di Legnano, che ha dovuto assistere inerme allo strapotere di Genarmoly e Gavino Sanna.  Ma se la conferma ad alti livelli del jockey sardo, dopo l’exploit lo scorso anno a Fucecchio, poteva essere in qualche modo prevista, anche in seguito al capolavoro butese, non si può dire lo stesso per il baio di proprietà di Valter Pusceddu. Dopo l’infortunio occorsogli nel 2017 erano in molti anche fra gli addetti ai lavori che seppur prudenti, alzavano dubbi sulle possibilità del ritorno ai fasti di un tempo di un cavallo comunque dalle indubbie qualità. Pochi, anzi forse una sola è stata la voce fuori dal coro capace di pronosticare con largo anticipo alle altre dirigenze che sottovalutare Genarmoly avrebbe voluto dire spianargli la strada verso una facile vittoria. Meriti a La Flora per averci creduto, demeriti a tutti gli altri per aver valutato eccessivamente alla leggera il ritorno di un soggetto comunque in grado di dominare l’ultimo lustro dei palii dove è stato impiegato e che si è distinto su tutti gli altri senza appello (quasi) ogni qual volta è sceso sul terreno dello stadio Giovanni Mari. In un Palio come quello legnanese rimasto strenuamente ed un po’ ottusamente ultimo e solitario a portare al canapo i Purosangue, tutti hanno dovuto e dovranno ancora fare i conti con un cavallo di qualità superiore, protagonista giustamente di un’estate movimentata che ha alimentato voci di offerte e controfferte da parte di quasi tutte le dirigenze. Viene da chiedersi dunque se la scelta di rimanere da soli sarà un pregio o un’incredibile autogol per un palio in cui i cavalli sembrano essere sempre più decisivi ma la cui razza è definitivamente uscita dai radar del movimento paliesco, dei fantini e dei proprietari, lasciando le Contrade sole a doversi sobbarcare costi e sacrifici forse alla lunga veramente insostenibili.

Federico Arri

Federico Arri, una promessa quasi mancata. Questo è l’assunto che meglio descrive il fantino astigiano oggi. Federico, infatti, solo qualche anno fa, era considerato uno dei giovani più promettenti della nuova generazione che tanti aspettavano al varco per vedere qualche volto nuovo spuntare in Piazza del Campo. Preso sotto l’ala protettrice ed esperta di Bastiano, il ragazzo sembrava proiettato verso un radioso futuro sia in provincia che in piazza. Purtroppo qualche giro a vuoto e tanta sfortuna condita da un paio di bruttissimi infortuni ne hanno oscurato la crescita, relegandolo in un dimenticatoio precoce alla sola età di 24 anni. Si vocifera che avesse addirittura considerato il ritiro all’alba dell’ultimo palio da correre a casa propria, ma il destino a quanto pare non era d’accordo. L’astigiano ha infatti spaccato il Palio di casa, riuscendo a compiere un vero e proprio capolavoro, impronosticabile alla vigilia.  Una batteria perfetta seguita da una finale saggia e paziente, in cui l’Arri dimostra finalmente una grande intelligenza paliesca – rimasta troppo spesso nascosta finora – in grado di esaltare quelle doti tecniche che in molti da sempre gli riconoscono.  Aiutato da una meravigliosa Calliope da Clodia, trionfante solo pochi giorni prima anche nella Cavalcata dell’Assunta, Federico è riuscito a portare il Palio proprio in uno di quei comuni che nel Palio Straordinario del 2019 saranno relegati ad una mera corsa tra di loro. La sua annata però non si è conclusa fra le mura amiche ma ha trovato esaltazione nel debutto in Piazza per i colori del Drago che gli hanno permesso, al netto di una corsa incolore, di guadagnarsi finalmente il soprannome: Ares.

Topalli – Pes

Straordinaria, anche se per motivi diversi, è stata pure la stagione di Adrian Topalli e Dino Pes.  Il primo ha spadroneggiato in Provincia, mettendo in fila un trittico di successi all’interno del quale spicca quello a Bientina, raggiunto soprattutto grazie al suo San Vittore, capace di passare scosso un distratto Bighino.  Grande stagione in Provincia certificata dal secondo successo di fila (quest’anno in coabitazione con Francesco Caria) della Classifica Fantini de La Voce del Palio. La ciliegina sulla stagione di Adrian avrebbe potuto – e dovuto – essere l’esordio al Palio di Fucecchio, che mai era stato concreto come quest’anno.  La Torre gli ha dato fiducia e un giubbetto l’ha finalmente indossato, purtroppo però il Palio non l’ha potuto correre per le intemperanze del suo cavallo.  Discorso diverso per Dino, per il quale il successo a Castiglion Fiorentino con l’imbattibile Qui Pro Quo è solo la punta dell’iceberg di una stagione vissuta ad alto livello.  Sembrava difficile, dopo il grave infortunio di marzo, potesse tornare a cavallo in tempi rapidi.  Lui non solo l’ha fatto, ma è stato competitivo ad ogni appuntamento.  Un unico successo, è vero.  Ma i secondi posti a Legnano, Asti e Piancastagnaio hanno mandato un segnale importante.  Si parla sempre di un mondo in cui conta un unico risultato, ma tolto Legnano è sembrato davvero ad un passo dall’obiettivo più importante.  Forse merito del feeling trovato con Ribelle da Clodia, ennesimo soggetto di una scuderia sempre più straripante in Provincia?

Narduzzi

Ritornando a puntare l’obiettivo sul contributo animale dell’accoppiata da Palio, straordinaria è stata sicuramente la stagione dei prodotti della Scuderia da Clodia, mai come quest’anno alla ribalta su tutti, o quasi, i palcoscenici a disposizione. Una sensazione non solo nostra, crediamo. Eppure, a ben vedere, sono state tante le Piazze in cui a trionfare è stato un soggetto targato diversamente. Fucecchio e Ferrara su tutte, dove gli exploit di Quan King e Preziosa Penelope hanno fatto nuovamente pendere l’ago della bilancia verso gli allevamenti sardi. O Siena, dove ancora i “da Clodia” non sono diventati la regola. La mera statistica non deve però trarre in inganno il lettore. La Scuderia di Massimiliano Narduzzi non sembra aver adottato la strategia della “guerra lampo”, puntando la vetta nel minor tempo possibile, inconsapevole di come rimanerci, tutt’altro. Quella dei “da Clodia” è una scalata che parte dal basso, dalle fondamenta, e che consolida la propria credibilità anno dopo anno, arrivando con pazienza anche nelle Piazze più prestigiose. Azzardando un ardito paragone sportivo, ricordano i Chicago Bulls del primo Michael Jordan. Una squadra piena di talento, con una formidabile punta di diamante, che faceva spettacolo e tanta paura, e che raccoglieva meno di quanto avrebbe potuto. Ma alla fine, quando iniziò a vincere, fu davvero difficile far smettere. Chissà che anche per i “da Clodia” non si prospetti un futuro del genere. Finora sono stati Bonantonio e Bomario ad aprire la strada alla successiva infornata di talenti, con quest’ultimo autore di una prestazione – nemmeno a dirlo – straordinaria ad inizio anno in quel di Buti. Poi è stata Calliope a dare un ulteriore squillo di tromba sul finire della stagione, imponendosi a sorpresa ad Asti dopo aver conquistato a Fermo la Cavalcata dell’Assunta. Ma questi risultati non sono altro che la punta di un iceberg pronto ad emergere. I dati più eclatanti, che davvero potrebbero far presagire a delle Carriere “monomarca” a certe latitudini, si hanno guardando la lista dei partecipanti (a Ferrara 6 su 8 targati “da Clodia“) o quella dei finalisti (ad Asti 6 su 9 al canapo per la finale). Adesso che con lo Straordinario anche Siena ha sdoganato il brand, prepariamoci ad una feroce lotta per la sopravvivenza da parte degli altri allevatori. Che vinca il migliore…anche se Ribelle, Calliope e Violenta – per citarne solo tre – sono davvero degli avversari di difficili da battere.

Le nuove leve

Il presente è sempre importante.  In alcuni (troppi?) casi è l’unica cosa che conta.  Se per le dirigenze è più difficile rivolgere lo sguardo al futuro, dovendo far i conti a fine stagione con il giudizio dei propri contradaioli, basato il più delle volte su risultati concreti, noi abbiamo il privilegio di poterlo fare senza rischiare nulla.  Siena è tornata ad affidarsi ad alcuni volti nuovi, facendo esordire Federico Arri e lasciando un paio di prove al Guglielmi e al Giannetti.  Da ultimo l’annuncio della Pantera di volersi legare per l’anno a venire a Bastiano Sini, uno dei volti nuovi più interessanti dell’intera annata.  Il ragazzo, 28 anni, potrebbe essere all’apice della sua maturazione tecnica, dopo una stagione molto positiva nel sottobosco della Provincia paliesca, culminata con l’ottima prestazione in Piazza Alfieri, dove ha raggiunto una finale per nulla scontata alla vigilia.  Altro nome da segnarsi sul taccuino è quello di Marco Bitti.  Se finora si erano avute solo buone sensazioni, il 2018 ha iniziato a portare qualche conferma.  La Provaccia di Legnano (con un pizzico di aiuto dalla sorte), il rinato Palio di Monticiano e un finale di stagione di livello in Sardegna possono essere il punto di partenza su cui costruire la prossima stagione.  Nota di merito, dopo tanto scetticismo, per Alessandro Cersosimo.  Non sarà forse il talento più cristallino che si sia mai affacciato in questo mondo, ma con il lavoro e la guida sapiente di Giovanni Atzeni ha acquisito una certa solidità, e la seconda finale consecutiva ad Asti è lì a testimoniarlo.  Habemus fantinum, potremmo dire.  Al netto delle menzioni particolari per il trio appena citato, parlando di giovani seguiamo con particolare interesse il percorso di crescita di Andrea Sanna e Antonio Mula, che hanno saputo fornire sempre spunti interessanti nelle occasioni in cui li abbiamo visti impegnati.

In calce

Brio e Gingillo, nonostante i successi senesi di luglio e agosto, non hanno trovato spazio in queste righe, in altre circostanze, avrebbero meritato persino la copertina di questo articolo. In altri momenti come giusto e ovvio sono già state spese tante parole di elogio per entrambi, ma come abbiamo detto questo recap voleva concentrarsi soprattutto sulla straordinarietà dell’annata e sulle sue sorprese, tanto da farci ritenere che la straordinarietà di due fuoriclasse come Mari e Zedde quasi non faccia più notizia.