Sant’Ambrogio e San Domenico

Elementare Watson

“Ecco i miei ratti, John!”

“Ratti?”

“I miei indicatori!  Se uno di loro si comporta in modo strano sta per succedere qualcosa; cinque sono perfettamente normali, ma il sesto…” – “il sesto è il re dei topi, il ratto numero uno.  E ha appena fatto qualcosa di veramente sospetto”.

La conversazione è tratta da un episodio della serie Sherlock.  Siamo nel salotto dell’appartamento di Baker Street dove il celebre investigatore londinese divide l’affitto con l’amico e assistente Watson.  Temendo un possibile attentato nella capitale britannica, Holmes si è messo a monitorare i comportamenti di alcune persone – quelli che definisce i suoi ratti – con la consapevolezza che uno di loro, compiendo anche un’azione poco significativa, potrebbe portarlo  a capire cosa sta per succedere.

Nei primi post abbiamo parlato di big, ma si è capito che a Legnano non sempre sono degli indicatori affidabili; a dispetto di quanto farebbe pensare l’epilogo degli ultimi anni.  Non sono loro i nostri “ratti”, non questa volta almeno.  Le conferme a San Magno e Sant’Erasmo si portano dietro suggestioni interessanti, ma nulla che faccia suonare dei campanelli d’allarme.  Ma come capitato a Sherlock Holmes, dopo quattro indicatori perfettamente normali, ecco il nostro “re dei topi”.

Non sto parlando di una persona.  A destare interesse sono i movimenti tra le Contrade di Sant’Ambrogio e San Domenico, coinvolte quest’anno in una trade – concedete il termine d’oltreoceano – che le ha viste scambiarsi i fantini: al passaggio di Antonio Siri in biancoverde è subito seguito il ritorno di Dino Pes al Borgo.  Un fatto all’apparenza poco rilevante, ma ogniqualvolta i traffici lungo questa rotta sono ripresi, il Crocione è tornato a tingersi, almeno parzialmente, di verde.

Re dei topi

Per quanto possa essere stupido provare a leggere il futuro scavando nel passato, la storia del Palio insegna a guardare con sospetto alle collaborazioni tra queste due dirigenze.  I movimenti lungo questa direttrice infatti hanno sempre (o quasi) portato immediate e reciproche soddisfazioni.  In principio fu Luigi Bruschelli, portato a Legnano nel 1995 dall’allora Capitano di Sant’Ambrogio, Alberto Romanò, e prestato poi l’anno seguente a San Domenico per ritrovare una vittoria che mancava ormai da una decina d’anni.  Il sodalizio proseguì con Dino Pes, che nel 2004 fece il percorso inverso, riuscendo a scuffiare il Borgo dopo un paio d’anni passati in biancoverde.  Feeling mai venuto meno quello fra Dino e il popolo di via Bixio.  Nel 2012 si ripresenta a San Domenico e come per magia entrambe le Contrade tornano alla vittoria in rapida successione.

Forse non potrà essere considerato uno scambio vero e proprio quello che portò Andrea Mari a percorrere la stessa rotta.  Salutato infatti il popolo biancoverde dopo la sfortunata finale del 2009, Brio si accasò a Sant’Ambrogio solamente quattro anni dopo, inserendo una fugace apparizione a San Martino.  Giusto in tempo però per coprire le spalle a Velluto e Guglielmino nel Palio 2013.

Per onestà intellettuale non possiamo fingere di dimenticarci che anche Gianluca Fais vestì entrambi i giubbetti.  Fatto esordire a Legnano dal Borgo nel 2009, disputò i successivi due Palii per i colori di San Domenico.  Purtroppo non tutte le ciambelle escono col buco e Vittorio chiuse la sua esperienza legnanese senza mai raggiungere la finale.

Dilemma

Per quanto detto, il sospetto che qualcosa stia bollendo in pentola è legittimo.  Ma anche supponendo di averci visto giusto, la doppia operazione pone immediatamente un secondo interrogativo: quale, dei due, è il nome vincente?

Una lettura puramente sportiva – concedetemi questa licenza per un paio di righe – dello scorso Palio indicherebbe Antonio Siri come profilo vincente. Il fantino di Burgos infatti ha tenuto testa al Mari e a Totò fino all’ultima curva della finale, mentre il Pes – eliminato in batteria – è reduce da una brutta lettura della mossa e da una corsa incolore.  Non solo, Amsicora negli ultimi cinque anni ha colto un unico successo, a Bientina nel 2014.  Il recente periodo di magra lo sta tenendo lontano da Siena, dove non corre proprio dal luglio di quell’anno, e potrebbe essere proprio alla ricerca di un successo che possa rilanciarlo, se non Piazza almeno in Provincia.

L’ultima considerazione, ahimè, dà adito anche ad un’interpretazione opposta: Dino Pes è più in forma (vedi la recente vittoria di Bientina), più continuo, sicuramente più esperto ed affidabile, mentre il Siri se dopo il periodo d’oro a cavallo del 2010 si è un po’ perso un motivo ci sarà.  Il rovescio della medaglia può saltare fuori perfino rileggendo il Palio scorso: si fa in fretta a trasformare i complimenti per l’ottima corsa in aspre critiche, adducendo una gestione di gara non ottimale o, nel migliore dei casi, subordinata ai giochi del Mari.

Lo scenario

Tenere il piede in due scarpe, lasciando aperto un ventaglio di ipotesi che si contraddicono a vicenda, sarebbe disonesto.  E fin troppo facile.  Sbilanciamoci dunque, anche a rischio di una cantonata epica.  Siri vincente perché vuole (o deve) rilanciare la sua carriera e Velluto a lavorare dietro le quinte, visto che è uomo di fiducia per entrambe le Contrade sembra possedere il profilo perfetto per svolgere un ruolo più strategico.