Bar Palio

Quando si pensa al “Bar Sport”, soprattutto nella testa dei meno giovani, si formano immagini di tavolini, Gazzette dello Sport spiegazzate e capannelli di persone di tutte le età che, caffè o bicchiere di bianco alla mano, discutono dei massimi sistemi: da Coppi e Bartali alle convocazioni della nazionale.  Con il passare degli anni il calcio ha preso il sopravvento sul resto, e non c’è maschio italiano che, forte unicamente della comprensione del concetto di fuorigioco, eviti di esprimere il proprio dogma riguardo ogni singolo aspetto del gioco: dalla tattica alla gestione economica di società e calciatori.

Non è la competenza a spingerci a parlare.  Tutt’altro.  L’informazione a cui abbiamo accesso ci dà però questa falsa sensazione.  La conoscenza di nomi, cifre, statistiche, opinioni, unite alla presa visione – tra un sonnellino e l’altro sul divano – di una miriade di partite,  permette il formarsi, tramite esperienza diretta o veicolata, di una propria opinione personale.

A Legnano dovrebbe succedere la stessa cosa con il Palio.  Gruppi di persone qualunque che, magari senza aver mai nemmeno messo piede in una Contrada (si può diventare capitani, perché non poter esprimere un parere), possano commentare l’avvicinamento all’ultima settimana di maggio sulla scorta dell’ultima notizia apparsa su “La Voce del Palio” o dopo aver letto l’ultima analisi colorita fatta da Brontolo.

A dispetto del moltiplicarsi di siti dedicati al mondo del Palio, le analisi su Legnano si sono sempre fermate ai possibili rapporti tra fantini, visto che senza il meccanismo della tratta il toto-monte non è molto divertente.

Ma i cavalli?  Ebbene, per questioni note i purosangue vengono spesso  presentati con nomi di fantasia, creando un sistema crittografico che solo gli addetti ai lavori sono in grado di decifrare.  I più, che non sono Alan Turing e che non hanno una motivazione forte come quella di arrestare l’espansione nazista, non ci provano nemmeno a capire quale cavallo si nasconda sotto il fantomatico nome di giornata.  Per chi non ha l’occhio allenato del vecchio campione o dell’esperto della commissione corsa, poter contare su statistiche e dati oggettivi per formare il proprio pensiero è fondamentale.  Come si può dire “Dr. House cavallo finito” se non solo non corre con il suo vero nome, ma lo cambia da un anno con l’altro.  Per avvicinare la città al Palio può servire anche questo e, vista la ritrosia conclamata dei proprietari dei puri a giocare a carte scoperte, perché non guardare ai “mezzi” come un’opportunità?

Rottura col passato

Siena.  Anno Domini 2001.  L’epicentro della cultura e della tradizione paliesca abbandona precauzionalmente, senza alcuna imposizione esterna, i purosangue inglesi, provando così a diminuire il numero di incidenti che iniziavano a far storcere il naso all’opinione pubblica.  Gli anglo-arabi sardi, divenuti ‘i mezzi’ nel parlare comune, hanno rappresentato un’ottima alternativa per il Palio senese.  Meno potenti, ma soprattutto meno delicati, dei “cugini” più nobili si sono rivelati perfetti per la complessità del tracciato di Piazza del Campo.

Rompere con il passato risulta sempre difficile, si tratti di una fidanzata o della corsa del Palio.  Ma se l’ha fatto Siena – Siena ripeto, non Cappella Maggiore – trincerarsi dietro gli scudi della tradizione qui a Legnano dovrebbe farci sentire in leggero imbarazzo.  Inoltre non è detto che, dopo un primo periodo di ambientamento, non si possa guardare ai cambiamenti fatti con soddisfazione.  Come si fa oggi ripensando all’erba che non c’è più.

C’è il timore che l’anglo-arabo, meno fragile ma anche meno potente del suo cugino più nobile, possa non riuscire a garantire una performance adeguata nel doppio impegno ravvicinato di batteria e finale.  L’idea di portare i giri della finale da 5 a 4, ed eventualmente in batteria da 4 a 3, a qualcuno può sembrare un’eresia.  A Pian delle Fornaci gli anglo-arabi si smazzano batterie da quasi 1500 metri (a Legnano le batterie sono di circa 1000 metri, mentre la finale arriva a circa 1200 metri), ma soprattutto un Palio con i “mezzi” e le batterie esiste già e potrebbe essere quello l’esempio da seguire nel caso per tararsi sulle giuste distanze.  Non parrebbe che a Fucecchio manchi competitività o che i cavalli non riescano a fornire prestazioni soddisfacenti.

Chi vede nel proseguimento del rapporto con i PSI la volontà di rimanere svincolati dal movimento senese deve essersi perso gli ultimi due Palii in terra lombarda, visto che sono l’emblema dell’ingerenza senese sulle rive dell’Olona.  E dei mezzi, al tempo, non c’era neanche l’ombra.

Vittoria nostra o di tutti gli altri

Non ci stiamo dimenticando dell’approvazione preventiva giunta dal ministero a fine gennaio.  Un attestato alla qualità del lavoro svolto da autorità e organizzatori, che dimostrano di aver sempre investito nella sicurezza e nel benessere degli animali coinvolti.  Al momento Legnano si crogiola al sole, soddisfatta del proprio operato.  Ma questa è davvero una vittoria nostra, o è piuttosto una vittoria di tutte le altre città coinvolte indirettamente in questo responso?  Fucecchio e Ferrara su tutte, ma anche Castiglion Fiorentino e Bientina (per il Palio Straordinario), hanno sperato quasi più di noi che il responso dei piani alti fosse positivo.

È vero che attualmente il numero di anglo-arabi non è sufficiente per soddisfare l’enorme richiesta di fine maggio.  Stando ai rumors però è una preoccupazione che riguarda gli “altri”, preoccupati di non riuscire a competere economicamente con una piazza così importante sotto questo punto di vista.

In una corsa all’adeguamento delle strutture e degli impianti, Legnano sarebbe stata sicuramente un punto di riferimento.  Ma la realtà è un’altra ed ora la maggioranza dei Palii italiani porta al canapo i mezzi.  In questo scenario Legnano rischia di rimanere isolata.  Scongiurato – per gli altri – il rischio di non avere abbastanza soggetti validi per il troppo affollamento, subentra ora il problema tutto nostro di non avere dei “puri” pronti per il giochino.  Il bacino di utenza dei PSI è smisurato in confronto ai cugini meno nobili, ma potrebbero andare riducendosi in virtù del minore interesse di fantini e proprietari a investire su questa tipologia di animale per disputare poi solo un paio di Palii all’anno.

Waiting for Asti

Isolamento o no?  Il nocciolo della questione ruota attorno ad Asti.  Alla sua pista, ricavata in Piazza Alfieri.  Cornice suggestiva ma poco in sintonia con i dettami ministeriali.  Perso Buti a inizio stagione, e Mordano (Palio a inizio giugno) subito dopo, è difficile pensare di continuare sul solco della tradizione facendo cartello solamente con San Vincenzo (per altro appena reintrodotto) e Faella (che però mi sembra simile a Buti e potrebbe finire per incappare negli stessi problemi).

Difficile al momento fare affidamento su Piancastagnaio.  In quell’angolo di Toscana, infatti, come emerge dall’intervista rilasciata al Verrocchio dal sindaco Vagaggini, non sembrano essere ancora sicuri di niente, nonostante questa pista (ricavata all’interno di un campo sportivo) sembrasse quella con meno problemi.

Anche da una distratta analisi dei requisiti dell’Ordinanza, espressi nell’Allegato V del decreto ma resi più concreti dalla risposta del Ministero della Salute al Sindaco di Legnano, sorgono parecchi dubbi sull’agibilità di Piazza Alfieri e sulle sorti del Palio di Asti.  Lo steccato in PVC a collo d’oca è in uso già da tempo e per quanto riguarda il fondo idoneo, non dovesse più andare bene la terra la questione si sposterebbe più sul lato economico che su quello tecnico.  Ma la criticità è data dalla famosa curva del Cavallone.

Nei sei punti snocciolati nell’Allegato V non è esplicitato, ma nella lettera al sindaco Centinaio il Ministero si è preoccupato di sottolineare l’andamento clotoideo delle curve del tracciato legnanese tra i punti favorevoli che hanno portato all’approvazione preventiva dell’impianto.  È una prescrizione che mutua dalle “Prescrizioni Tecniche Minime” che l’U.N.I.R.E. (Unione Nazionale Incremento Razze Equine) individua per gli ippodromi di galoppo.  Niente di campato in aria.  Sarà molto difficile far rientrare quella del Cavallone tre le curve adeguate.

Altro punto potenzialmente dolente riguarda il numero di partenti.  Potrebbe essere passata in sordina la notizia datata 5 febbraio 2017 che, come sempre con grande puntualità, diedero gli amici della Voce del Palio.  Si parlava di Palio della Costa Etrusca.  A San Vincenzo si dovevano disputare 3 batterie composte da 11 cavalli, ma per rispettare l’Ordinanza Martini hanno dovuto ridurre il numero di partecipanti di ogni singola corsa ad 8.  Questo perché, come accade negli ippodromi, “al fine di definire il numero massimo dei partenti su ogni pista si stabilisce in mt. 1,20 il coefficiente di sicurezza per cavallo”.  Il numero massimo di partenti consentiti si stabilisce quindi dividendo la larghezza della pista per questo coefficiente.  Considerando i nove partenti alla finale, servirebbero almeno 10,80 metri di larghezza media.  Da una relazione tecnica che descrive la pista astigiana per le stagioni 2014 e 2015 si evince però che sui rettilinei la larghezza media è 8,00 metri, mentre sulle curve varia da tra 8 e 11.  Quasi al limite persino per i sette partecipanti alle batterie.  Magari questo punto potrà essere limato, ma rappresenta un altro ostacolo su una strada già tortuosa.

Tornare alle origini e lasciare dopo quasi trent’anni una cornice suggestiva come Piazza Alfieri è davvero stato preso in considerazione?  È vero, trovare “mezzi” competitivi per 21 contrade potrebbe non essere semplice, ma d’altra parte a fine settembre non c’è l’affollamento di Palii di fine maggio e la stagione senese è già finita da un pezzo.

Cosa vuol fare Legnano da grande

Anche nell’ipotesi di mantenere i PSI ad Asti, è fondamentale capire l’appeal che potrebbero mantenere questi soggetti.  La prima riunione legnanese è stata soddisfacente, con una ventina di cavalli al via nonostante l’assenza di una contrada e mezza (San Bernardino in teoria ha messo i propri colori addosso al cavallo di Alessandro Chiti), e tutti i big del caso (ad eccezione di Gingillo) presenti.

I numeri, e i nomi, che arrivano da Asti sono invece meno confortanti.  La stagione ’17 si è aperta soltanto sabato 8 aprile, ma al via delle 5 batterie si sono visti solo due nomi di spicco: Andrea Mari (presente con 5 cavalli) e Giuseppe Zedde.  Tanti volti astigiani, più o meno giovani, con il trio Sanna-Pes-Bruschelli jr. ad alzare il livello della giornata.  È vero, è solo la prima riunione qui ad Asti e il Palio è lontano più di 5 mesi, c’è tempo per vedere coinvolti tutti gli altri protagonisti.  Pensando però che il circuito dei puri, nel futuro, debba svilupparsi principalmente sull’asse Asti-Legnano, quelli di sabato sono segnali poco incoraggianti.

Il rischio di ritrovarsi a fine maggio a rivalutare nuovamente che cosa il Palio di Legnano voglia fare da grande è alto.  La speranza è che vengano messi da parte gli interessi a breve termine delle singole contrade e che eventualmente si riesca a dialogare anche con gli altri (tanti o pochi che siano) Palii Purosangue per cercare di mettere in piedi un circuito ad hoc, sfruttando – perché no – il progetto della pista mobile vicino al Castello.