Uno contro tutti

La corsa

Che i segnali dal cielo fossero di buon auspicio, lo si è capito fin dall’estrazione delle batterie.  Primo posto allo steccato, protetto dall’unico possibile alleato in una battaglia che per le sproporzioni delle forze in campo ricordava le Termopili, nemica distante,  fantini ostili tutti in un’altra batteria.  Difficile ottener di meglio dalla sorte.  I dubbi sul pieno recupero di Escobar, per la verità già fugati nella sgambata primaverile di addestramento, sono durati il tempo di una mossa.  Un’uscita dal canapo imperiosa, con le sapienti mani di Gavino ad assecondare un’azione imparata a memoria da un soggetto che possiamo ascrivere alla ristretta cerchia di quelli che “sanno leggere e scrivere”, e vittoria della seconda batteria in scioltezza.  Poteva, e doveva a nostro avviso, esser più dura la finale.  Ma come potevano le azioni umane fermare un’accoppiata che nemmeno la sorte (vedi l’infortunio di Gavino ad aprile) è riuscita a indebolire?  Sembra la trama di un film.  Gavino, fantino esordiente e con qualche osso rotto, ha stretto i denti ed è tornato in groppa ad Escobar, per condurlo ancora una volta ad un’imperiosa vittoria.  Soli contro tutti, come nello stile rossoblù.  La cronaca la conoscete ormai, quindi proviamo a fare un’analisi partendo da alcuni temi che il Palio appena trascorso ci ha lasciato in eredità.

 

L’impatto di Gavino

La vittoria di Gavino Sanna è come una tela di Lucio Fontana: uno squarcio sulla superficie ordinata del Palio di Legnano.  Gavino è arrivato come un meteorite, lo avevamo previsto e ve lo abbiamo presentato a inizio marzo, ma non siamo stati in grado di prevedere la portata dell’impatto.  Adesso che ne abbiamo registrato l’intensità, servirà un po’ di tempo per capire le reali ripercussioni che potrà avere e come le altre dirigenze si muoveranno in risposta.  Gavino, e Capitan Parini che lo ha scelto, ha saputo rompere l’egemonia senese con imbarazzante facilità, approfittando sicuramente di una serie di coincidenze favorevoli, ma mettendo in luce anche tutti i limiti di una strategia lasciata in mano ai fantini.  Qualche perplessità sull’uso del collare su Escobar in batteria, soprattutto perché scompare per la finale, ma siamo certi sia tutto lecito.  La supremazia di Escobar, palese e sconfortante per gli avversari, unita alle mani e alla leggerezza di Gavino Sanna, era già il preludio a un possibile ritorno della Croce al Cascinone, ma se fosse solo il trionfo dell’accoppiata migliore non staremmo parlando di Palio.  Qui si ritorna a vedere la capacità della dirigenza rossoblù di individuare e sfruttare le più piccole crepe all’interno delle strategie e dei rapporti di potere altrui. Chissà se Escobar, dopo i due successi (e mezzo) sulla pista legnanese, rimarrà ancora nella stessa stalla il prossimo anno o se adesso per lui si aprirà un’asta spietata.  Se dovesse continuare il sodalizio tra i rossoblù e la stalla di Valter Pusceddu, per gli altri c’è poco da star tranquilli quest’inverno.

 

Limiti strategici

Giovanni Atzeni è un fantino idolatrato dal popolo giallorosso – e come dar loro torto – e rimpianto da alcuni in via Berchet, ma forse più per la mancanza di una valida alternativa negli anni seguenti.  Tittìa è stato ed è un gran professionista, in grado anche quest’anno di portare al canapo un soggetto di primo livello, e il suo palmarès è lì a certificarne il valore.  Resta però il fatto che, almeno negli ultimi due Palii vinti in Lombardia, senza la collaborazione del Mari (per favore nessuna obiezione!) la sua abilità a piedi ne esce decisamente ridimensionata.  Se finora tutti hanno identificato ne La Flora l’unico, grande vincitore, l’Atzeni è forse il primo degli sconfitti, a partire dall’esito del Palio di Fucecchio la settimana prima.  I rumors volevano Carlo Sanna vincente in terra toscana, riportando alla Ferruzza una vittoria che manca dal 1981, e Antonio Siri favorito in quel di Legnano.  Un piano (forse) perfetto per disegnarsi il prossimo Palio di Provenzano, visto che a Siena la vittoria gli manca dall’agosto 2015.  A Fucecchio ci ha pensato il lavoro di un vecchio leone come Gigi Bruschelli (a proposito, se per caso stesse leggendo, chapeau!) a mettergli i bastoni tra le ruote, ma a Legnano la colpa è in parte anche sua.  Quello che solo un anno fa sembrava un asse impenetrabile mostra le prime crepe, vedremo se il proseguo della stagione o l’inverno paliesco rimetteranno a posto le cose.

 

Non è un Palio per esordienti…

Nonostante ci fossero tutte le premesse per sposare questa tesi, i risultati di domenica scorsa smentiscono in parte l’assioma.  Tolto il fuoriclasse Escobar, per cui servirebbe una categoria a parte, il più interessante di giornata è stato Habanero, all’esordio sulla sabbia di Legnano, montato molto bene in corsa da un redivivo (mai avremmo scommesso sul suo recupero dopo l’incidente nelle corse di addestramento) Dino Pes per i colori di Sant’Erasmo.  Molti i meriti di Tonino Cossu, che lo ha preparato alla perfezione, ma ancora una volta si è vista la competenza della dirigenza biancazzurra, capace di impostare un Palio perfetto nonostante la nemica fosse data per favorita.  Nonostante l’ottima performance, quello di Sant’Erasmo rimane  l’unico esordiente capace di centrare l’accesso alla finale, visto che Mister Pink (montato da Gingillo per Sant’Ambrogio) e Bam Bam (con Tittìa a Legnarello) erano già presenti lo scorso anno.  Meno bene sono andati gli altri due esordienti, ma crediamo fossero inizialmente delle riserve nelle gerarchie interne, scelti probabilmente per problemi occorsi ai primi cavalli.  Adele, montata da Carlo Sanna per San Magno, ha fatto vedere qualcosa di buono ma non abbastanza per ottenere una finale che il popolo rossobiancorosso non vede dal 2014.  Augh, montato da Brio per San Martino, non si è rivelato invece all’altezza della competizione, ma bisogna capire quanto sia demerito del cavallo e quanto invece sia da imputare all’atteggiamento vacanziero del Mari.  Il bilancio tra vecchie e nuove leve pende quindi dalla parte dei più esperti, ma l’exploit di Habanero lascia aperta la porta alle sperimentazioni future anche in mancanza di un numero cospicuo di prove di addestramento.

 

Ultimo giro di giostra?

L’eliminazione in batteria lo scorso anno sembrava aver segnato il passo della carriera legnanese di Scompiglio.  Invece il pistoiese ha voluto rimettersi in gioco, sfruttando l’ambizione e la voglia di rivalsa di una Contrada in pieno rinnovamento, che scegliendo un big di Piazza ha provato a riportare la giusta dose di entusiasmo nei propri contradaioli.  Dopo aver additato, in un’intervista post-Palio, il povero destriero di Mattia Chiavassa come principale artefice del suo passato fallimento, quest’anno ha preferito puntare tutto sul suo grigio, per non aver rimpianti e problemi di abbondanza.  Che fosse una scommessa da tutto o niente (ancora una volta) lo avevamo detto quando ancora la sua monta in biancorosso non era ufficiale, ma col passare del tempo le quotazioni di Go Go sono salite vertiginosamente.  Il suo stato di forma, sceso dal van per le prove del venerdì mattina, aveva impressionato anche gli addetti ai lavori più esperti.  In corsa però la benzina è finita dopo due giri e mezzo, nonostante il Bartoletti fosse finalmente riuscito a far vedere tutte le sue qualità di partente.  Le difficoltà di Scompiglio sono davvero dovute al peso quindi, o è un problema di motivazioni?  Rimane sempre valida l’opzione di scaricare le colpe sul cavallo, che però allena lui e avrebbe dovuto ormai essere pronto a raccogliere il lavoro fatto negli scorsi anni.  Al netto delle speculazioni, resta una scommessa persa da entrambe le parti: Scompiglio continua a non trovare il feeling con Legnano e San Bernardino festeggia i 10 anni senza finali.

 

Débâcle biancoverde

Parlavamo di segnali in apertura del pezzo.  Guardando al venerdì della Provaccia, non avrebbero potuto essere più nefasti per San Domenico.  Alla vigilia si prospettava un altro cappotto, dopo quelli di Sant’Erasmo nel 2014 e di Legnarello nel 2015 e 2017, e invece al momento della verità sia Wallykazam sia Doctor Mitch hanno contribuito, in maniera differente, a far crollare il castello di carte biancoverde.  Alla Provaccia Wally era il favorito d’obbligo, ma alcune leggerezze di Andrea Sanna (che resta un prospetto da seguire con particolare attenzione) ne hanno compromesso il risultato.  Al Palio invece, al netto di una batteria non fortunata, quello che fino a una settimana prima continuava a essere uno tra i favoriti, si è trovato in grande difficoltà, dal momento della mossa all’impostazione delle traiettorie.  Vero che si trova a partire lontano dallo steccato e alla prima curva è costretto a seguire una traiettoria esterna, ma anche nel resto della corsa continua a girare largo senza riuscire a recuperare un metro su un soggetto, almeno in linea teorica, inferiore.  O è successo qualcosa negli ultimi giorni, o in effetti la seconda batteria dello scorso anno era per mezzosangue.

 

Varie ed eventuali

Non erano spunti abbastanza corposi da meritarsi uno spazio dedicato, ma in questo serbatoio vogliamo raccogliere le ultime osservazioni sulla corsa di domenica, seguendo un flusso senza ordine preciso.  Gingillo centra la sua 7° finale consecutiva, la decima in dodici apparizioni sulla sabbia legnanese.  Lo scrivevamo già lo scorso anno: una certezza.  Dino Pes esce tra gli applausi dello Stadio e il bilancio della sua prestazione è sicuramente positivo. Qualche appunto però ci sentiamo di farglielo sulla gestione della mossa: in batteria rompe l’unico allineamento che avrebbe visto La Flora in difficoltà, forse perché il cavallo  non era adatto a una lunga permanenza petto al canapo, e quando decide di dare il via alle ostilità esce ultimo, ricalcando per certi versi la brutta mossa del 2016.  Ultimo pensiero su Andrea Mari: con un’accoppiata così nella nemica ci aspettavamo molto di più da lui, e forse non solo noi.  Visto che a nostro giudizio rimane uno stratega fenomenale, bisogna solo mettersi d’accordo su quale strategia (sua o di Contrada?) abbia messo in atto prima di esprimere un giudizio sulla sua corsa.

 

Sguardo al futuro

La Provaccia è considerata da alcuni un inutile spreco di tempo ed energie, proprio a ridosso dei giorni più importanti dell’anno.  Può essere, ma è altrettanto vero che dà la possibilità alle Contrade di visionare cavalli e fantini nuovi, con l’agonismo di una corsa vera, senza la pressione del risultato a ogni costo.  Negli ultimi anni sono uscite corse sempre avvincenti, spesso più del Palio stesso.  Non è stato da meno questo 2018, con un Marco Bitti chiamato ad una prova di maturità (dopo le due apparizioni precedenti in rossoblù) superata a pieni voti, e i giovani Andrea Sanna e Antonio Mula attesi dopo le prime impressioni di aprile.  Che dire, anche al netto dell’errore di Andrea, sembra che finalmente ci sia materiale giovane su cui lavorare per impostare il Palio del futuro, magari non solo a Legnano.  Sorprende anche Bastiano Sini, che prima dell’apparizione a Bomarzo quest’anno aveva vestito solo la giubba di Piattina ad Abbiategrasso (vittoria nel 2012), autore di una partenza ingambata in batteria degna del suo compagno di avventura gialloverde, e di un ottimo spunto anche in finale.  Deludono invece Mattia Chiavassa, chiamato ormai al salto di qualità ma nuovamente beffato da un cavallo scosso, e Federico Guglielmi, molto più in luce lo scorso anno.  Ballesteros rivedibile alla mossa, ma non era certo lui l’osservato speciale, mentre ancora non convince del tutto il giovane Cersosimo.

 

Momento dei saluti

Cala il sipario sul Palio di Legnano 2018.  Festeggia meritatamente La Flora una vittoria che farà arrabbiare i più, ma che lancia un messaggio importante a chi finora si è affidato troppo alle capacità strategiche delle star a cavallo piuttosto che tesserne di proprie.  Un Palio arrivato con solo una prova fatta, a causa del maltempo e della sfortuna, ma che – per ora – ha confermato di poter continuare sul solco della tradizione purosangue nonostante le difficoltà.  L’uragano Gavino Sanna è passato, chissà chi resisterà al vento del cambiamento.  Non ci stupiremmo infatti se almeno un paio di Contrade prendessero strade differenti, e se qualche big non trovasse più posto al canapo l’anno prossimo.  Ci aspetta un Palio molto aperto, con tanti protagonisti (tra Contrade e fantini) obbligati al riscatto.