Nella fresca serata butese, in attesa di raggiungere una delle sette cene propiziatorie, si ragionava sui possibili epiloghi del Palio dell’indomani. E lì, pigiati in un locale del centro, tra una birra e un bicchiere di prosecco, abbiamo realizzato (su imbeccata di un’amica) che l’eventuale vittoria di Gavino Sanna non avrebbe più fatto notizia.

Quand’è che il piccolo jockey sardo si è tolto i panni dell’outsider, alternativa finalmente credibile ai soliti noti, ed ha iniziato ad annoiare per l’apparente ineluttabilità delle sue vittorie?

Difficile identificare un preciso istante temporale. Ma se così è stato, la colpa va ricercata nelle affermazioni perentorie di Fucecchio, nell’apparente semplicità del back-to-back di Buti, nell’aver spaccato un Palio di Legnano impreparato ad arginarlo.

La facilità con cui ha saputo adattarsi ai vari contesti, unita all’iniziale assenza di contromisure efficaci adottate dai rivali – a piedi e a cavallo – ha reso Gavineddu un fattore in grado, lui solo, di spostare gli equilibri. Tanto da portarci a pensare preoccupati “ma uno così come lo fermi? “. Ecco perché ha smesso di fare notizia.

Adesso che anche ad Asti qualcuno ha deciso – finalmente, ci sentiamo di aggiungere – di puntare su di lui, il ritmo della narrazione potrebbe cambiare di nuovo. Complimenti a San Martino – San Rocco che lo ha ingaggiato, interrompendo così un cortocircuito logico che in questi anni ha visto Gavino – inspiegabilmente – lontano da Piazza Alfieri. Nonostante l’infinita disponibilità di giubbe. Nonostante i risultati ottenuti. Nonostante il livello di altri interpreti scesi in pista.

Ad Asti lo aspetta uno scenario nuovo. Differente sotto tanti, troppi punti di vista perché una sua eventuale affermazione non torni a fare notizia. Come è giusto che sia.