Quando ne siamo fruitori esterni, l’architettura da cui siamo affascinati è quella in grado di suscitarci emozioni. Rimaniamo a bocca aperta di fronte alle opere visionarie di Gaudí, affascinati dalle linee eleganti e moderne di Zaha Hadid, o piacevolmente incuriositi dal suppostone londinese di Norman Foster. Ma quando ci dobbiamo vivere dentro poco importa dell’estetica e dello stupore suscitato se si schiatta dal caldo, la bocchetta del condizionatore ci picchia sul collo e nel pomeriggio dobbiamo chiuderci in un bunker per non essere accecati dal sole. Il comfort non è dato dagli eccessi, anzi. È proprio la loro assenza, in una disperata ricerca di neutralità, a definire il progetto perfetto.

Lo stesso concetto può essere applicato al Palio e alla difficile arte del mossiere. Nell’eventualità di poterlo progettare su carta, sarebbe questa – la capacità di non essere percepito, di non suscitare reazione eccessive – il primo mattoncino attorno a cui iniziare a costruire il mossiere ideale. Più dell’infallibilità. Perché gli errori – in buona o cattiva fede – fanno parte di quelle regole del gioco che abbiamo implicitamente accettato quando ci siamo innamorati di questo gioco.

Pertanto Massimiliano Narduzzi, confermato sul verrocchio legnanese per il 5° anno consecutivo, può essere ancora un interprete credibile per rivestire il ruolo più delicato dell’intera kermesse. Al netto di alcune fisiologiche sbavature, ma soprattutto al netto del paventato conflitto d’interessi per essere il deus ex machina del fenomeno da Clodia. In questi 4 anni a Legnano il mossiere laziale ha gestito con equilibrio e sostanziale par condicio il momento cruciale della corsa, ricercando – anche per interminabili minuti, come nel 2017 – l’allineamento meno svantaggioso per tutti.

Non tutti lo amano, e probabilmente qualcuno si sarà pure opposto alla sua riconferma. Quando però si parla della sua inadeguatezza, e si mandano lettere anonime a Brontolo per sottolinearlo (questa cosa, scusate, proprio non ci va giù…), bisognerebbe ricordare il goliardico striscione a fine Palio 2014 con cui anche l’imparzialità del suo predecessore venne messa in discussione. O, cosa ancor più importante, rendersi conto della sostanziale mancanza di alternative di spessore per un palcoscenico così sensibile.

Nell’attesa che qualcuno inizi a sfruttare le corse di addestramento legnanesi anche per testare i mossieri del futuro, il signor Narduzzi è l’opzione più naturale per il verrocchio lombardo. L’unica forse, oltre che ad oggi anche oggettivamente la migliore.